Fegato Bioartificiale

Che cosa è il fegato bioartificiale?
Il fegato bioartificiale (AMC-BAL), nato dalla collaborazione con l’Academisch Medisch Centrum di Amsterdam, è un sistema di supporto epatico ibrido costituito da fibre in poliestere, per l’annidamento delle cellule sotto forma di piccoli aggregati e capillari permeabili ai gas, come sistema di ossigenazione capace di fornire agli epatociti l’adeguato apporto di ossigeno. Il ruolo dei sistemi di supporto epatico è quello di vicariare le funzioni cataboliche e sintetiche proprie della cellula epatica, che risultano compromesse in alcune condizioni patologiche, tra cui l’insufficienza epatica acuta.

L’esperienza preclinica
Prima di essere testata nell’uomo, la capacità funzionale dell’AMC-BAL è stata valutata in diversi modelli animali d’insufficienza epatica:

  • ischemia epatica totale, nel ratto
  • devascolarizzazione epatica, nel suino
  • epatectomia totale, nel suino

Negli animali sottoposti a trattamento con il BAL si sono ottenuti risultati statisticamente significativi, in particolare:

  • aumento della sopravvivenza
  • riduzione dei livelli plasmatici di ammonio e bilirubina
  • efficacia e sicurezza del dispositivo.

L’esperienza clinica
Tra il 2000 ed il 2003, il Centro di Biotecnologie ha coordinato un Trial Multicentrico nel quale sono stati arruolati 14 pazienti affetti da epatite acuta fulminante di diversa eziologia, che sono stati supportati con il BAL caricato con circa 10 miliardi di epatociti di maiali “Specific Pathogen Free” (SPF), come terapia ponte in attesa di trapianto ortotopico di fegato. In attesa dell’organo, il BAL, collegato al paziente con un sistema di plasmaferesi, è stato in grado di supportare le funzioni vitali per oltre 24 ore, con una percentuale di sopravvivenza dei pazienti trattati che va dal 50% al 72%.

Quali fonti cellulari da utilizzare nel BAL?
Nel 2004, per una Moratoria della Comunità Europea sulle applicazioni cliniche degli xenotrapianti, è stata interrotta la sperimentazione clinica sull’uomo con il fegato bioartificiale, inducendoci ad utilizzare il bioreattore per investigare circa fonti cellulari alternative ed applicazioni innovative. Per questo tipo di sperimentazione, il bioreattore è stato caricato con epatociti immortalizzati umani, fetali ed adulti, questi ultimi provenienti da resezioni tumorali o da fegati scartati perché non idonei al trapianto. I risultati di uno studio comparativo tra l’utilizzo di epatociti fetali ed epatociti adulti maturi, hanno evidenziato che le cellule adulte restano ad oggi, la prima scelta in questo settore.

Il BAL come biosensore cellulare
Avere messo a punto un sistema di supporto efficiente per la coltura tridimensionale di epatociti umani, ha indotto ad esplorare applicazioni innovative del bioreattore. La valutazione dell’epatotossicità di prodotti farmaceutici, cosmetici e alimentari, rappresenta un passo obbligato per l’immissione in commercio di nuovi prodotti. Questo risulta particolarmente stringente in ambito farmaceutico, in cui i costi per lo sviluppo di nuovi farmaci sono dell’ordine delle decine di milioni di euro. Nella maggior parte dei casi, questi costi vanno poi moltiplicati per le centinaia di molecole che sono ritirate per uno scarso profilo farmacocinetico e/o farmacodinamico, per mancanza di efficacia o perché compaiono interazioni di vario tipo o effetti tossici indesiderati in fase di monitoraggio post-marketing della nuova molecola.

Il miniBAL
La necessità di risolvere il problema legato alla ridotta disponibilità sperimentale degli epatociti, ci ha indotto a progettare e realizzare grazie alla RanD, azienda specializzata nella realizzazione di device sanitari, la miniaturizzazione del BAL. E’ stato quindi assemblato un “mini BAL”, capace di contenere fino a 300 milioni di cellule umane. Il miniBAL si configura come sistema per la valutazione in vitro dell’epatotossicità di nuove molecole, che abbiano effetto diretto sulla capacità sintetico e/o metabolica della cellula, prodotte dall’industria farmaceutica, cosmetica ed alimentare, in una fase precoce del processo di sviluppo. In altri termini, questo device può essere considerato come un biosensore cellulare capace di verificare la epatotossicità di prodotti farmaceutici, cosmetici e alimentari, utilizzando sistemi cellulari che non solo siano relazionati alla funzione d’organo, ma anche alla specificità di specie. La riduzione del numero di epatociti da utilizzare ci consentirebbe, inoltre, di realizzare profili tossicologici multipli, usando un singolo campione epatocitario e di ricavare informazioni importanti per lo screening tossicologico e farmacologico di un enorme numero di molecole nella fase di sviluppo preclinico, permettendo un’applicazione del miniBAL come intermedio tra la sperimentazione in vitro e la sperimentazione clinica. Nello stesso tempo questo miniBAL può essere utilizzato come metodo alternativo alla sperimentazione animale rispondendo ad una esigenza condivisa di validare sistemi che conducano ad una riduzione del numero di animali utilizzati. Nel nostro Centro abbiamo studiato nel miniBAL gli effetti della somministrazione di amfetamina, sostanza con spiccata tossicità epatica, sulla funzionalità e sugli indici di vitalità epatica nell’ambito di un periodo di osservazione di 7 giorni utilizzando tre differenti dosi. I risultati preliminari hanno evidenziato una riduzione della capacità degli epatociti umani di convertire l’ammonio in urea, che è risultata direttamente correlata alla dose somministrata e reversibile alla sospensione del trattamento. Allo stato attuale, un’azienda leader in campo internazionale, nel settore degli immunoderivati, ha commissionato la valutazione, nel sistema miniBAL, dell’epatotossicità di una molecola che si presenta come terapia innovativa e promettente in alcuni tipi di tumore. I risultati preliminari hanno evidenziato una riduzione dei parametri di funzione epatica in relazione alle concentrazioni utilizzate.

Prospettive future
Il Centro di Biotecnologie sta progettando di realizzare, in collaborazione con la Società Consortile BioTekNet, un micro fegato bioartificiale dalla struttura tridimensionale ancora più ridotta. L’ulteriore miniaturizzazione consentirà di realizzare un sistema in cui più micro fegati bioartificiali, disposti in parallelo, saranno chiamati ad esaminare l’epatotossicità di più composti o di diverse concentrazioni di uno stesso composto, riducendo i problemi legati alla variabilità biologica e contribuendo all’abbattimento dei costi e dei tempi delle sperimentazioni cliniche.
Inoltre, presso il Centro, sarà realizzata una banca di epatociti umani criopreservati, che consentirà di avere a disposizione cellule epatiche vitali e funzionali, senza dover attendere l’episodica resezione, rendendo nello stesso tempo più efficace l’intero processo.

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